Le assaggiatrici – Rosella Postorino

Le Assaggiatrici

Autore: Rosella Postorino

Edizione: Feltrinelli

 

“-Mangiate!- dissero dall’angolo della sala, ed era poco più che un invito, meno di un ordine. La vedevano, la voglia nei nostri occhi. -bocche dischiuse, respiro accelerato. Esitammo. Nessuno ci aveva augurato buon appetito, e allora forse potevo ancora alzarmi e dire grazie, le galline stamattina sono state generose, per oggi un uovo mi basterà”

Inizia pressapoco così la storia di Rosa Sauer, una ragazza di ventisei anni che lascia Berlino nell’autunno del ’43 per recarsi nella campagna di Gross-Partsch, dove insieme ai suoceri anziani proverà a sentire meno dolorosamente l’attesa del marito Gregor, combattente al fronte.

Un giorno un rumore di pneumatici, due soldati, un ordine. Basta poco a stravolgerti una vita già stravolta. Rosa ha l’obbligo, l’onore, di sedere alla tavola del Fuhrer; di mangiare addirittura prima di lui e consigliargli con tutta se stessa se il cibo va bene.

 

Perché questo fanno le assaggiatrici. Dieci ragazze, chi giovanissima, chi madre, chi moglie, ogni giorno fanno la colazione, il pranzo e la cena del Fuhrer solo un po’ prima. E poi restano inchiodate alla sedia a vedere come va la digestione, ad assicurare tutti che il cibo non è avvelenato.

L’idea di morire così, senza uno sparo, sembra assurda. Ancora di più se la fame c’e, se lo stomaco reclama il contenuto del piatto e si ingoia anche la paura per raggiungere quella sensazione di sazietà che la guerra non permette.

“Una morte da topi, non da eroi. Le donne non muoiono da eroi”

Le giornate passano uguali, con la camionetta che va a prendere Rosa a casa tre volte al giorno e la riporta. E non ci sono no, malattie, rifiuti.

“la razza è la’anima vista dall’esterno: metti la tua anima nel braccio, offrila l Fuhrer. Lui non te la renderà, e tu potrai vivere svuotato di questo peso”

Un legame si crea tra le dieci assaggiatrici. Ognuna con la sua storia ed i suoi spigoli. Rosa fa fatica a farsi accettare ma le cerca quelle amiche, le vuole le confidenze e le risate, e gli sguardi complici perché a ventisei anni non ti puoi ridurre a digerire per vivere.

E poi dal fronte, notizie di Gregor non arrivano più. Rosa però continua ad amarlo, a cercarlo. Un amore forse ancora giovane, che di radici ne ha messe poche se dopo solo un anno di matrimonio la guerra già li ha separati. Un amore fatto di fiduciosa attesa e tanta testardaggine.

Ma un sentimento del genere, che non ha bisogno di corrispondenza può mai dissetare l’anima ed il corpo di una giovane donna? Ci si può accontentare dei ricordi del passato ed inventarsi progetti per il futuro?

Una notte Rosa si sente pungere la pelle da mille spilli, avvampare fin sopra il viso e poi rabbrividire sino ai piedi. E quello sguardo che la scruta dalla finestra, sinistro ma magnetico, la riporta in vita

“…pensai che il nostro amore fosse degno, che non valesse meno degli altri, di qualunque altro sentimento avesse asilo sulla Terra, che non ci fosse nulla di sbagliato, di riprovevole, se abbracciandolo ricominciavo a respirare”

Così Rosa inizia la sua clandestinità. Il suo amore fatto di notte, di nascondigli e paure. Ma non riesce a tornare indietro, il senso di colpa non basta a farle perdere la voglia di sentirsi amata, cercata, desiderata.

Dentro la caserma il tempo si ferma. Rosa tiene dentro se il suo grande segreto, non lo lascia scappare neanche quando un giorno le assaggiatrici si sentono male. La certezza del cibo avvelenato fa scattare meccanismi disumani e quelle donne struscianti a terra tra rigurgiti amari, sudore e gemiti sono trattate peggio delle bestie.

Eppure arriva sempre la notte, Rosa lo sente dal letto quello sguardo che la chiama…

“Non c’è nessun motivo per il quale un amore possa interrompersi, un amore come quello, senza passato, senza promesse, doveri. Si estingue per indolenza, il corpo si impigrisce, alla tensione del desiderio preferisce l’inerzia. Sarebbe bastato toccarlo ancora, il torace, la pancia, nient’altro che la mia mano sulla stoffa dell’uniforme, sarebbe bastato per sentire il tempo polverizzarsi, spalancare lo strapiombo di quell’intimità”

Poi la guerra si mette male, dal fronte sovietico solo disfatte. Mentre la potenza nera si ritira nonostante non abbia mantenuto la promessa di conquistare il mondo e farne un posto migliore ma abbia solo lasciato morte e desolazione dietro di se, anche Rosa capisce di essere arrivata al capolinea. Un ultimo o forse l’unico gesto di cuore  che le viene offerto è prendere un treno e lasciarsi alle spalle la valigia dei ricordi.

Un libro travolgente.

In un contesto già conosciuto quale la guerra, si tratta un tema cui la storia non ha dato tanto spazio. La figura delle assaggiatrici è esistita realmente e l’idea di questo romanzo nasce proprio da questa scoperta, fatta casualmente dalla Postorino. Leggendo un trafiletto di giornale, la scrittrice scoprì l’esistenza di un’anziana donna tedesca che aveva lavorato per Hitler proprio in queste vesti.

Queste donne, di cui durante la guerra si sapeva pochissimo, vivevano una vita monotona. Erano una sorta di schiave senza rango, costrette ad essere prelevate dalle loro abitazioni senza possibilità di rifiuto, ad orari regolari per recarsi in una caserma ove il cuoco del Fuhrer preparava i pasti. Lo stipendio era medio alto, la fame molta. Anche se avessero potuto rifiutare, molte non lo avrebbero fatto.

La crudeltà dello scenario di guerra, l’impoverimento delle relazioni umane, il trattamento disumano ed arbitrario che i nazisti rivolgevano alla gente emerge in maniera sottile ma incisiva. Con un ritmo sostenuto il racconto ti porta all’impossibile, non capisci più se c’è del buono nelle azioni e nelle scelte della protagonista. E forse il cuore del libro è proprio qui. Cercare di comprendere lo stato d’animo e la fragilità delle persone che hanno subito il nazismo, la paura di vivere, di agire ma il desiderio irrefrenabile di sopravvivere.

Secondo il nostro parere la storia finisce a pag.260. Nelle successive pagine finali infatti, abbiamo percepito quasi un cambio di stile. Il salto temporale eccessivo crea, tra il prima ed il dopo, un buco troppo grande. Si passa dai colori in bianco e nero con cui abbiamo immaginato tutta la storia a uno scenario moderno, post-bellico poco appropriato o comunque che spezza la fluidità del racconto.

Questo però non toglie nulla ad un romanzo veramente meritevole, divorabile in pochi giorni, scorrevole, coinvolgente.

Un encomio alla scrittrice per aver dissacrato in maniera velata, tra le righe, la figura di Hitler, potente e carismatico, granitico davanti alla folla ma con debolezze e manie come il più piccolo degli uomini.

Da mettere in libreria!

 

 

 

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